Controllo del biofilm batterico in regione linguale dopo diagnosi di alitosi

L’alitosi di origine orale è associata con il metabolismo microbico sul dorso lingua, nella saliva e nella placca dentale; dunque l’intensità dell’alito cattivo è significativamente associata con la quantità di composti volatili endorali contenenti solfuro (Vsc). Questi composti sono prodotti da batteri gram-negativi orali che metabolizzano aminoacidi presenti nella dieta e producono gas, come solfuro di idrogeno (H2S). Ci sono generalmente tre metodi accettati per la valutazione del cattivo odore orale: misurazione organolettica, gas cromatografia e monitoraggio solfuro portatile.
L’alitosi può manifestarsi transitoriamente come caratteristica parafisiologica correlata a taluni momenti o situazioni della vita quotidiana oppure essere persistente e/o patologica, provocata da affezioni orali o sistemiche.

Rivelatore di placca alla fluorescina (fig.1)

Dopo aver intervistato il paziente sui suoi stili di vita alimentari e aver accertato che non facesse uso di cibi alitogeni, e dopo aver chiesto se fosse affetto da problematiche sistemiche, abbiamo effettuato la prova organolettica. L’esame consiste nell’odorare l’alito del paziente da una distanza ravvicinata (un palmo), media (1 metro) e lontana (3 metri). In dipendenza della distanza dalla quale viene percepito il maleodore, si classifica l’alitosi come leggera, moderata o severa. La prova organolettica è stata effettuata sull’aria espirata dalla bocca (parlando con il paziente), dalle narici (espirata dalle narici) e dai polmoni (espirata dalla bocca). Ci si può avvalere dell’uso dell’Halimeter, un apparecchio che testa il respiro e aiuta a determinare da dove viene il maleodore, se dalla bocca, dal naso o dai polmoni. Nel 90% dei casi l’alito cattivo ha comunque origine dal cavo orale.

Alla paziente, in apparente buono stato di salute, viene riscontrata alitosi leggera, dopo attento esame clinico e dopo aver utilizzato il rivelatore di placca alla fluorescina illuminato da una lampada fotopolimerizzante (Plaque test, Ivoclar Vivadent), evidenziamo in modo rapido e accurato la topografia della presenza del biofilm batterico nella regione linguale e la mostriamo al paziente in real time rendendolo consapevole della sua situazione clinica.
È stato dunque evidenziato alla paziente che l’alitosi era riconducibile alla presenza di un accumulo eccessivo di placca batterica nel cavo orale, soprattutto sulla superficie linguale, correlato a pratiche di igiene orale domiciliari e professionali inadeguate. Infatti la paziente ha confermato che prima di allora nessun professionista l’aveva motivata a corretti stili di vita di igiene orale domiciliare linguale.

Pulisci lingua professionale TS1 (fig.2)

L’igienista dentale mostra al paziente l’immagine della lingua dopo aver utilizzato il rivelatore alla fluorescina e aver illuminato la superficie con la lampada fotopolimerizzante (fig.1). Successivamente montiamo sulla cannula di aspirazione del riunito il pulisci lingua professionale TS1 (Ideco) (fig. 2) per l’igiene professionale della lingua. Con l’utilizzo di un gel passiamo delicatamente lo spazzolino sulla lingua e successivamente girando il pulisci lingua, delicate lamelle aspirano il biofilm batterico presente sulla superficie. La paziente ha potuto percepire l’importanza del controllo di placca sulle superfici della lingua, riferendo che nessuno lo aveva mai motivato all’igiene della stessa.

Plakkontrol Perfetto spazzolino Soft Tech con setole affusolate (fig.3)

Per lo spazzolamento delle superfici sono stati proposti i protocolli operativi di igiene domiciliare e professionale e concordati con il paziente secondo la Tecnica di tailoring personalizzata e condivisa (Nardi et al. 2014).
Per il controllo chimico del biofilm batterico e per l’igiene delle superfici è stato consigliato Plakkontrol 15 secondi (Ideco), collutorio trattamento intensivo con clorexidina 0,3% a sciacquo rapido, per una settimana. Poi

Plakkontrol Flexi Brush e Plakkontrol Brush & Clean (fig.4)

Plakkontrol Perfetto (Ideco) (fig. 3), spazzolino Soft Tech con setole affusolate che la paziente usava con movimenti circolari. Per l’igiene degli spazi interprossimali sono state indicate due soluzioni: Plakkontrol Flexi Brush (Ideco), con manico flessibile per facilitare la pulizia delle zone posteriori, e Plakkontrol Brush & Clean (Ideco), utile per gli spazi interdentali più stretti (fig. 4).
La paziente, preso atto visivamente della inefficacia del proprio controllo di placca domiciliare, si è dimostrata motivata a una perfetta aderenza ai nuovi protocolli terapeutici proposti.

Autori: Gianna Maria Nardi, igienista dentale e ricercatrice all’Università di Roma Sapienza; Silvia D’epiro, studentessa Clid Università Sapienza di Roma, Polo B Isernia

Articolo pubblicato sulla rivista Dental Journal.