Al meeting internazionale del Chirone a Roma esperti di salute pubblica hanno valutato l’impatto degli stili di vita nella salute orale e generale. Senza dimenticare la matrice genetica delle malattie, l’odontoiatra può fare molto sul territorio.
«Lo stile di vita è un tema di grandissima attualità anche in letteratura scientifica – ha detto il professor Ugo Covani aprendo i lavori del nono meeting internazionale dell’Accademia Il Chirone –. E salute orale non significa solo denti sani» ha ricordato il docente universitario elencando tutte le associazioni (in alcuni casi bidirezionali), ormai scientificamente dimostrate, tra salute orale e salute sistemica, che vedono la malattia parodontale e in generale tutte le infezioni della bocca incidere su malattie cardiovascolari, diabete mellito, osteoporosi e parti pretermine. Si tratta di correlazioni sia di origine genetica, sia legate agli stili di vita. Il gruppo di ricerca di Covani infatti ha studiato con un approccio bioinformatico le correlazioni tra diabete e malattia parodontale identificando dei geni in comune tra le due patologie.

«La malattia parodontale ha una forte matrice genetica» ha confermato il professor Felice Roberto Grassi ricordando come sia fondamentale oggi tenere sotto controllo gli stili di vita del paziente ma come allo stesso tempo non si possa pensare di poter risolvere tutto semplicemente seguendo una corretta alimentazione o smettendo di fumare: «la genetica comanda, nel bene e nel male, ed è alla base delle differenti risposte dell’organismo alla malattia parodontale che riscontriamo nei nostri pazienti». Non tutti quelli che trascurano la loro igiene orale sviluppano patologia cariosa o malattia parodontale, così come non tutti quelli che seguono una scrupolosa igiene orale possono dirsi al sicuro da ogni patologia del cavo orale. Grassi ha anche sottolineato l’importanza di elevare la qualità degli studi scientifici pubblicati in letteratura, mettendo in evidenza tutti i difetti di un sistema che valuta i ricercatori e i clinici solo in base alla quantità degli articoli pubblicati e non della qualità. «Ci sono premi Nobel con all’attivo solo nove o dieci lavori scientifici pubblicati» ha detto Grassi spiegando che la corsa alla quantità di pubblicazioni non può che generare studi frettolosi e di bassa qualità, pieni zeppi di bias e quindi inutili per il progresso della scienza medica.

Stile di vita come tema di salute pubblica

Il concetto di stile di vita, di cui si parla ormai con impressionante frequenza in molti ambiti della medicina e non solo, non è stato elaborato di recente. Lo si deve ai sociologi Max Weber e Talcott Parsons che tra fine Ottoceno e inizio Novecento lo definirono come «l’insieme dei comportmenti comuni in un certo gruppo sociale». Un concetto non da poco per chi, come Giuseppe La Torre, si occupa di salute pubblica. «Per l’individuo lo stile di vità è un modello organizzativo iperstrutturato» ha sottolineato La Torre del dipartimento di sanità pubblica del ministero della Salute, spiegando ad esempio come una cosa per noi naturale come il seguire una dieta mediterranea significhi in realtà avere una struttura mentale, un modus vivendi di un certo tipo. Le abitudini alimentari insomma, più che una scelta quotidiana, sarebbero frutto di una sorta di imprinting che si autorafforza nel tempo. E ancora, «Lo stile di vita si struttura nella prima infanzia e rimane pressoché costante nel corso di tutta la vita a meno che un’esperienza significativa, come ad esempio un evento esistenziale importante, non ne modifichi i parametri». Ecco che emerge tutta la difficoltà a convincere, motivare e istruire le persone a modificare i propri stili di vita. «I nostri stili di vita ci sono stati probabilmente trasmessi nella prima infanzia all’interno del nostro contesto ambientale e familiare» ha detto l’esperto di salute pubblica.

Ma quali sono i principali fattori di rischio che, entrando nel nostro stile di vita, sono in grado di decretarne la pericolosità per una buona salute a lungo termine? «Tabagismo, consumo di alcolici, ipertensione arteriosa, ipercolesterolemia, sedentarieà, ridotto consumo di frutta e verdura, uso di sostanze illecite, comportamenti sessuali a rischio» elenca La Torre, che ha poi setacciato la letteratura scientifica alla ricerca di indicazioni evidence-based da applicare con ogni paziente a rischio: dal consiglio alla vaccinazione contro il papillomavirus alla buona abitudine di misurare la pressione al paziente anche in uno studio odontoiatrico, un setting in grado di fare la differenza sul terreno della prevenzione perché è uno dei luoghi in cui è possibile rivedere il paziente con una certa continuità e frequenza.
E di salute pubblica, questa volta in chiave alimentare, ha parlato anche Walter Willet, direttore del dipartimento di nutrizione della scuola di salute pubblica dell’università di Harvard, che ha fatto una ricognizione dell’evoluzione della compensione della corretta alimentazione del’uomo, passando in rassegna le indicazioni di salute pubblica degli ultimi decenni e concentrandosi su grasso, colesterolo e dieta mediterrnea. Willet è una sorta di «star» della letteratura biomedica: ha all’attivo ben 1.496 articoli pubblicati su PubMed ed è il secondo ricercatore più citato al mondo.

Take home message

«La bocca diventa davvero una porta verso la salute e il benessere» ha detto la professoressa Gianna Maria Nardi in un passaggio dei lavori del meeting sottolineando il vero messaggio della manifestazione scientifica, che accanto a tematiche più cliniche ha affiancato relazioni di grande impatto emotivo. Come quella dell’etologo Enrico Alleva, esperto di quella moderna disciplina scientifica che studia il comportamento dell’animale nel suo ambiente naturale. «Il sorrriso è la più bella, più luminosa delle espressioni del corpo umano – ha detto il professor Alleva –, ed è fondamentale fin dai primissimi anni di vita: gli occhi, la bocca, il soriso sono il primo, grande e potente segnae di vita sociale del bambino quando esce dall’utero della madre. Un sorriso costruito in milioni di anni di evoluzione dei muscoli facciali, che ci permettono oggi di comunicare una quantità enorme di sfumature di emozioni e stati d’animo».

Andrea Peren
Giornalista Italian Dental Journal

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